
Francia, 26 dicembre 1964. Sul Journal officiel viene pubblicata la legge relativa alla imprescrittibilità dei reati nazisti . La sollecitazione era arrivata dall stessa Germania, che nell’autunno dello stesso anno, in vista della scadenza dei termini per la prescrizione la cui data sarebbe caduta l’8 maggio 1865 (anniversario della liberazione di Berlino,, per scongiurarne l’eventualità chiedeva agli altri Stati europei la documentazione relativa ai crimini nazisti, per intentare processi e scongiurare dunque lo spettro dell’impunibilità dei criminali. La questione suscita proteste in tutto il mondo, e nondimeno in Europa e in Francia, già vittima dell’occupazione nazista; a levare la propria voce contro la sola possibilità di un orrore simile è il filosofo Vladimir Jankelevitch, che nel suo pamplhet Pardonner? ( poi ripubblicato assieme a ad altri scritti nel volume L’imprescriptible: dimostra come fosse impossibile la sola ipotesi, ribadendo l’assoluto abominio (metafisico, come lui stesso lo definisce) e l’impossibilità di paragonare lo sterminio degli ebrei (metonimizzato in Auschwitz) a qualsiasi altro orrore o massacro della storia.
I pervertiti [del senso morale,ndr], quando parliamo loro di Auschwitz, ci oppongono le sofferenze dei tedeschi durante la guerra, la distruzione delle loro città, l’esodo delle loro popolazioni davanti al vittorioso esercito russo. A ciascuno i suoi martiri, giusto? La sola idea di mettere in parallelo, o sullo stesso piano, l’indicibile calvario dei deportati e la giusta punizione dei loro carnefici, questa idea è una perfidia calcolata, a meno che non sia una vera e propria perversione del senso morale.
La preoccupazione di Jankélévitch è quella di distinguere l’Olocausto dallo sfondo dei massacri mostrandone e analizzandone la specificità, diversa dalle catastrofi militari che non fanno distinzioni tra le vittime e individuata nel raffinato sadismo tedesco che si prefiggeva come scopo la “lunga” degradazione” e l’annientamento morale delle vittime prima della loro eliminazione, in un miscuglio infernale di ferocia e “pedanteria metafisica“:
La prescrizione, la prescrittibilità stessa dell’orrore non è dunque possibile. La Germania e l’Italia, come l’Europa intera, dovranno convivere con l’orrore, perché sopportarne il peso significa rendere alle vittime dello sterminio nazista l’ultimo, l’unico onore possibile. La ferita, la frattura nel tessuto etico è insanabile; che rimanga tale è l’unica risposta etica accettabile, centro gravitazionale attorno a cui ogni riflessione etica che tale sia realmente deve ruotare senza poter cessare di interrogarsi-e tormentarsi:
Il voto del Parlamento francese afferma giustamente un principio e, in un certo senso, un’impossibilità a priori: i crimini contro l’umanità sono imprescrittibili, cioè non possono essere prescritti; il tempo non ha presa su di loro. (…)È generalmente incomprensibile che il tempo, processo naturale senza valore normativo, possa esercitare un’azione mitigante sull’insopportabile orrore di Auschwitz.(…) Perché questa agonia durerà fino alla fine del mondo.
RISORSE E NOTE A MARGINE
– La traduzione del testo di Jankélévitch nei passaggi e nelle citazioni riportate nel post è mia; si segnala però qui l’edizione italiana, nella traduzione di Daniel Vogelmann per i tipi Giuntina;
-Al testo di Jankélévitch è dedicato questo post di Lorenzo Cortesi sul suo blog Philosophica & Theologica;
-Jankélévitch (la cui opera in Italia è pressoché misconosciuta, pur essendo disponibile nei volumi Einaudi), profondo ammiratore e conoscitore della cultura tedesca (laureatosi con una tesi su Schelling), abiurerà totalmente a quest’ultima , inorridito per i crimini nazisti. Per lui era imperdonabile che i tedeschi, a cui egli imputava, a vario titolo e in diverso grado ma senza sconti, la colpa dello sterminio,”potessero mangiare e bere e vivere tranquillamente“, senza dar segno che l’orrore di Auschwitz avesse lasciato la minima traccia sulle loro coscienze.
Dragoval cara, che bello ritrovarti in un blog gemello… Per ora solo un saluto e un grande piacere di rileggerti. Un abbraccio.
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Renza carissima, è una gioia ritrovare te…..purtroppo è stata l’unica opzione per poter continuare a scrivere e pubblicare (con tempi che restano, ahimé, più dilatati di quanto vorrei). Spero di ritrovare in maniera più concreta e convinta cuore e ispirazione. Un abbraccio e grazie per avermi “trovata”
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